Problemi articolari e cardiaci.
L’attività fisica e lo sport fanno benissimo alla salute di cuore, cervello, polmoni muscoli e ossa, oltre a migliorare l’umore e la memoria, ma non bisogna esagerare perché altrimenti tutti i vantaggi si potrebbero trasformare in pesanti danni per il nostro organismo, favorendo l’invecchiamento precoce e l’instaurarsi di pericolose patologie.
La scienza medica in questi ultimi anni ha dimostrato come specialmente gli sportivi “master”, cioè coloro che avanti negli anni continuano a gareggiare impegnandosi in competizioni agonistiche, spesso portando il loro fisico vicino ai limiti massimi delle proprie possibilità, possono essere più esposti a malattie dell’apparato cardiovascolare (con incidenza di mortalità per infarto, coronaropatie e aritmie superiore rispetto alla popolazione normale), a patologie articolari con artrosi di ginocchia e anche e persino a maggior rischio di malattie intestinali causate dal rilascio di tossine e da uno stato di infiammazione generale che può condurre a malassorbimento di nutrienti e all’alterazione della motilità gastrica e intestinale.
Lo sport va quindi considerato come un farmaco: il farmaco giusto, nella dose giusta e per il periodo giusto fa bene, mentre prendendo un farmaco sbagliato, a dosi troppo elevate o per troppo tempo, anziché averne benefici, si rischia di ritrovarsi con problemi ed effetti collaterali anche seri.
Come dimostrato da uno studio su maratoneti che avevano portato a termine cento maratone, pubblicato sull’autorevole rivista “Journal of Applied Physiology”: più della metà dei soggetti esaminati presentava danni cardiaci correlati con la durata e l’intensità dell’attività svolta e rischio di pericolose aritmie. E’ accertato che allenarsi tutti i giorni ad elevata velocità per prepararsi alle gare non produce maggiori benefici cardiovascolari e metabolici rispetto a chi fa meno chilometri andando più piano, come dimostrato in un altro studio in cui coloro che vengono definiti “corridori energici”, cioè che in un’ora coprono di corsa una distanza di dodici chilometri, avevano le stesse probabilità di morire delle persone sedentarie, mentre i corridori che si allenavano per un’ora solo due o tre volte alla settimana ad una velocità di otto chilometri all’ora, traevano dall’attività fisica maggiori vantaggi per l’organismo.
Un esercizio fisico troppo vigoroso e estenuante provoca sempre all’organismo un certo grado di infiammazione, di stress meccanico e metabolico con produzione di prodotti di ossidazione, i famigerati radicali liberi.
Danneggiando il nostro Dna, i radicali liberi sono causa di invecchiamento precoce, di logorio dei tessuti, di insorgenza di molte malattie fra cui ipertensione, aterosclerosi, diabete, tumori e demenza. Oggi è possibile, con un semplice test, misurare i radicali liberi ed il potere antiossidante dell’organismo e tali valutazioni effettuate nello sportivo hanno dimostrato come un moderato incremento dei radicali liberi come si ha con un’attività fisica regolare e non massimale.
L’attività fisica regolare e non massimale migliora l’efficienza del nostro sistema immunitario dando sensazione di benessere, permette di raggiungere peso forma e maggiore resistenza alle malattie, mentre un’attività troppo intensa può condurre a una condizione di sovrallenamento (“overtraining”) con maggior rischio di malattie e infortuni che spesso rappresentano un campanello di allarme per chi pratica sport agonistico.
Ma non sono solo gli eccessi nelle attività aerobiche, come la corsa, il ciclismo e il nuoto a provocate danni: esiste anche un fenomeno in crescente ascesa che colpisce nel nostro paese migliaia di persone (secondo le ultime stime in Italia sarebbero oltre 60.000) che è la vigoressia che ha come caratteristica la continua, ossessiva preoccupazione di aumentare la propria massa muscolare, spesso a discapito della propria salute, che diventa una vera e propria ragione di vita compromettendo l’equilibrio emotivo, i rapporti famigliari e spesso sconfinando nell’assunzione di sostanze dopanti.
È pertanto di prioritaria importanza, per chi vuole continuare a fare sport dopo gli anta, sottoporsi a controlli accurati che portino ad una corretta valutazione dei benefici e dei rischi dell’attività fisica, stabilendo un carico di attività adeguato sulla base dei risultati degli esami clinici eseguiti, dello stato di salute, dell’età, della famigliarità e della storia clinica della persona, nella consapevolezza che l’attività fisica fa bene ma che esiste un livello ottimale che non deve essere superato e al di sopra del quale lo sport diventa più dannoso che utile.
Pubblicato su Gazzetta di Parma il 16 Novembre 2022.