Fra i diversi fatto che determinano la salute delle persone molti sono legati ad errati stili di vita come sedentarietà fumo, l’eccessivo consumo di bevande alcoliche, cattiva alimentazione e sovrappeso, ma molti ignorano che la prima causa di malattia mondo di oggi è la povertà, che supera il fumo come numero di morti provocate e cui effetti sulla salute sono determinanti in tutte le fasi dell’esistenza, ma soprattutto nei primi mille giorni di vita del neonato.

Il rapporto tra stato socioeconomico e lo stile di vita e la salute delle persone è stato oggetto numerosi studi condotti in tutto il mondo che hanno dimostrato che quando una famiglia vive in povertà mancano le risorse per una dieta sana, per partecipare ad attività che migliorano lo stile di vita, per migliorare il livello di istruzione. In molte regioni del mondo povertà vuol dire non avere acqua potabile, abitazioni dignitose, vestiti adatti alle condizioni atmosferiche, accesso difficoltoso a cure mediche e vaccinazioni. Ma anche in Italia e in Europa il numero delle persone con difficoltà economiche è sempre più rilevante e a Parma, secondo quanto emerge dall’ultimo rapporto della Caritas, le persone in condizione di “povertà relativa”, che quindi non hanno a diposizione le risorse per una vita dignitosa, sono circa 35mila, tremila in più rispetto al 2018.

Secondo un articolo pubblicato su The Lancet e coordinato dall’Imperial College di Londra, è stato riscontrato che lo stato socioeconomico produce lo stesso impatto sulla salute del fumo o di uno stile di vita sedentario, ed è associato a un’aspettativa di vita di ridotta di alcuni anni. La povertà può avere un impatto sui bambini anche prima della nascita, un’indagine del Royal College of Pediatrics and Child Health ha dimostrato che la povertà nelle aree a basso reddito contribuisce in modo significativo alla cattiva salute dei bambini nati nelle zone più svantaggiate del Regno Unito che pesano 200 grammi in meno rispetto a quelli nati nelle aree più ricche e hanno maggiore probabilità di mortalità neonatale, di essere allattati artificialmente e di soffrire di malattie croniche come l’asma e problemi legati all’alimentazione come carie, malnutrizione, diabete e obesità.

Oltre alla salute fisica, si è dimostrato che i bambini che vivono in famiglie a basso reddite hanno una probabilità tre volte maggiore di soffrire di problemi di salute mentale rispetto ai coetanei più ricchi con effetti negativi diretti sul piano emotivo sociali, cognitivi e dello sviluppo. Se un bambine nasce in un contesto disagiato andrà più facilmente incontro ad un’esistenza stentata e a una vita probabilmente più breve rispetto a quella di un suo coetaneo appartenente a una famiglia più agiata. Questo anche perché, nel corso dell’infanzia, in una famiglia con poche possibilità è più difficile che si faccia educazione alla salute e si crescerà di conseguenza un individuo poco propenso a prendersi cura di sé e a cogliere sintomi di malattia e problemi fisici, che avrà maggiori probabilità di soffrire di cattiva salute mentale e fisica rischiando malattie gravi e a lungo termine e decessi legati all’alcol e all’uso di droghe. L’analisi di alcuni marcatori ha permesso di evidenziare nelle persone più povere un aumento e una cronicizzazione dell’infiammazione a libello di tutti i tessuti, condizione che rappresenta il terreno fertile per il prosperare di malattie neurodegenerative, cardiovascolari e oncologiche, diabete, bronconeuropatia cronica ostruttiva, artrite e ipertensione. Vi è inoltre un effetto negativo anche sul sistema immunitario con maggiore stress e diminuita capacità di difendersi dagli agenti esterni. Si innesca quindi un circolo vizioso tra povertà e malattia in cui la malattia spesso peggiora lo stato di povertà.

Desta stupore il fatto che il piano d’azione globale per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dal 2013 al 2020 avesse individuato sette fattori di rischio per ridurre la morte prematura  per malattie non trasmissibili del 25 % entro il 2025 includendovi alcol, sedentarietà, uso di tabacco, aumento della pressione sanguigna, assunzione elevata di sale, diabete e obesità non considerando la povertà e la scarsa istruzione.

E’ invece necessario che i governi e le istituzioni promuovano interventi di prevenzione a livello mondiale e nazionale per favorire un invecchiamento in salute con misure da attuare durante tutto il corso della vita a partire dalla prima infanzia. Chi arriva all’età adulta in una soglia di povertà, difficilmente potrà vedere mutare in maniera radicale la propria esistenza ed è più facile che adotti comportamenti rischiosi fumando, alimentandosi in maniera non corretta, bevendo alcolici e non praticando attività fisica perché gli stili di vita, cosi come altri fattori di rischio, risentono di determinanti sociali di salute come il livello educativo, la posizione sociale e il reddito e più si è in basso nella scala sociale, più la vita rischia di accordarsi e di essere caratterizzata da un maggior numero di anni trascorso a combattere una o più malattie.

Pubblicato su Gazzetta di Parma il 19 Gennaio 2022

Di Gianfranco Beltrami

Gianfranco Beltrami, medico dello sport di fama nazionale, vicepresidente nazionale della Federazione medicosportiva italiana.

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