Il rapporto tra il consumo di carne e la nostra salute è da anni oggetto di numerosi lavori scientifici volti a fare chiarezza tra due posizioni contrastanti: da un lato c’è chi sconsiglia l’assunzione della carne in toto, principalmente per il rischio connesso all’incidenza dei principali tumori, e dall’altro chi invece ne difende un’assunzione responsabile e senza eccessi.
Un dato di fatto è che, mentre sempre più studi scientifici e le linee guida delle più autorevoli organizzazioni internazionali a difesa della salute indicano di seguire regimi alimentari più equilibrati che prevedano un maggior consumo di vegetali rispetto alla carne, il mercato globale va nella direzione opposta con una crescita del settore zootecnico specialmente nei paesi a reddito più basso ed una previsione di aumento degli animali di allevamento di circa il 50 per cento entro il 2050.
Un dato assolutamente insostenibile per il nostro pianeta sia per il danno delle emissioni di azoto causate dagli allevamenti sia per le riserve di acqua che scarseggiano e l’allarme siccità che impongono una seria attenzione al consumo di acqua degli allevamenti intensivi, considerando che le proteine animali richiedono sei volte l’acqua della proteine vegetali a parità di quantità. Un recente articolo comparso nell’agosto di quest’anno sull’European Journal of Epidemiology a cura di un gruppo di ricerca dell’Università di Harvard che ha preso in esame ben 148 pubblicazioni, ha concluso che un consumo elevato di carni rosse e carni processate e conservate è significativamente connesso con tutti i principali tumori e prevalentemente con quelli dell’intestino.
Ovviamente questo non vuol dire che sia necessario diventare vegetariani in quanto la carne, inclusa quella rossa e quella lavorata, rappresenta una importante fonte di proteine e va tenuto presente che le proteine animali contengono aminoacidi essenziali indispensabili non solo per la crescita e lo sviluppo del nostro organismo, ma anche per la sua migliore funzionalità. La pericolosità delle carni rosse e lavorate per il rischio di tumore dipende infatti dalle quantità con cui vengono assunte per cui è ben diverso mangiare un wurstel tutti i giorni o mangiare una bistecca di buona qualità un paio di volte alla settimana.
Di fondamentale importanza è la scelta di carni di animali che vivono e crescono in libertà al pascolo e non in stalle anguste e superaffollate dove vengono alimentate anche con mangimi. Queste carni biologiche sono sicuramente più salutari avendo una percentuale di grasso nettamente inferiore ed un contenuto molto più elevato degli utilissimi grassi omega 3 rispetto alla carne di animali nutriti con “granaglie” che vengono ingrassati fino ad avere una percentuale di grasso che può arrivare anche al 30 per cento con conseguente rischio per chi le consuma di aumento del colesterolo, dei livelli di insulina nel sangue e di infiammazione del tratto intestinale, aumentando il rischio di malattie dell’apparato cardiovascolare oltre che di diabete e tumori.
La carne degli animali infarcita di grassi saturi, cioè la cosiddetta “marezzatura” che da il gusto e la morbidezza alla carne, è inoltre predisposta al fenomeno della perossidazione con produzione di radicali liberi che favoriscono tante patologie, mentre la carne di bestiame alimentato con erba, possiede un profilo nutrizionale simile a quella della selvaggina di cui si nutrivano i nostri antenati nel paleolitico, che guarda caso non soffrivano delle malattie metaboliche dell’era moderna come diabete e atero- sclerosi.
Molto importante è anche il tipo di lavorazione delle carni per la loro conservazione e le modalità di cottura che se ad alte temperature (come barbecue o fritti) può modificare le molecole presenti o generarne di nuove favorendo la produzione di composti cancerogeni. In conclusione, l’assunzione di carne (compresi i nostri salumi che osservano un rigido protocollo ed un elevato standard in tutti gli anelli della filiera produttiva) non va demonizzato a patto che si osservi una dieta varia, sana ed equilibrata, e che segua le linee guida dettate dalla piramide alimentare tipica della dieta mediterranea che prevede carne rossa o processata una o due volte a settimana, carni bianche e pesce fresco o ancor meglio legumi come fonti proteiche alternative, cereali meglio se integrali, frutta e verdura in abbondanza e olio extravergine di oliva di buona qualità come fonte di grassi.
Questo tipo di dieta rappresenta la strada migliore per controllare l’eccesso di peso e per prevenire non solo le malattie neoplastiche ma anche quelle cardiovascolari. Non priviamoci quindi del gusto di mangiare una buona costata, ma evitiamo di mangiare troppa carne assicurandoci che provenga da animali allevati in maniera biologica e naturale e ponendo particolare attenzione alla tracciabilità del ciclo di vita dell’animale, che permette al consumatore di verificare la qualità dell’allevamento che produce carni dall’elevato valore nutrizionale.
Di Gianfranco Beltrami, articolo pubblicato su Gazzetta di Parma il 29 settembre 2021
La Strada del Benessere, il libro di Gianfranco Beltrami